poliabortività Prof. Fortunato Vesce

La ‘pillola’ : fatti e misfatti

La pillola influenza negativamente la riproduzione, non solo nel senso di impedirla quando essa è indesiderata, ma anche, al termine di un prolungato periodo della sua assunzione, di ostacolarla quando è fortemente agognata. I motivi di questa interferenza sono complessi, e non vengono comunemente riconosciuti. Inoltre, se anche lo fossero, essi verrebbero taciuti, in quanto cozzano contro interessi individuali, sociali ed economici, caratteristici del nostro tempo: la libertà sessuale, il ruolo della donna nell’ambito del lavoro, ed il fatturato dell’industria farmaceutica.

Ovviamente, ciascuno è libero di vederla come ritiene più opportuno in base alle proprie esigenze individuali e alle aspirazioni di carriera. Ho deciso tuttavia di rendere noti alcuni effetti della pillola che sono da considerare nocivi e dunque controindicati nelle pazienti che si sottopongano alla fertilizzazione in vitro e nelle ‘poliabortive’. A tal fine trasferisco in questo blog alcune pagine del mio libro in gestazione intitolato ‘Medicina come vita. Cose che le donne dovrebbero sapere’.
Spiegherò dapprima il significato della funzione dell’apparato genitale femminile. Bisogna ammettere che, almeno nei mammiferi, la Natura abbia operato una distinzione biologica degli individui nei due sessi, maschile e femminile, per garantire la preservazione delle specie. L’organismo femminile è destinato ad accogliere il ‘prodotto del concepimento’, a nutrirlo e a proteggerlo fino ad uno stadio di sviluppo che ne consenta vita autonoma.

Questo obbiettivo viene perseguito grazie ad una serie complessa di eventi fisiologici concatenati, i quali poggiano sulla solida base del piacere: innanzitutto quello spirituale, o, se si vuole, emozionale, e poi quello fisico. Poiché l’idea di ‘piacere’, sotto il profilo etico, non è disgiunta, almeno in alcuni, da una sorta di senso di colpa (che si riallaccia alla storia del serpente e della mela), per una parte degli eventi che si verificano nella donna si può parlare più semplicemente di ‘benessere’. Durante la vita riproduttiva questi eventi sono distribuiti nell’arco del ciclo mestruale, che consiste nella preparazione dell’organismo alla procreazione.

La mestruazione rappresenta l’espressione tangibile del mancato concepimento, ed è necessaria in vista dei tentativi che verranno posti in essere di seguito. È come se la natura stessa dicesse: mannaggia, anche stavolta è andata buca! E poiché la gravidanza è un evento felice in se, in un angolino della mente di donna si cela questo pensiero, anche quando il rapporto sessuale non sia finalizzato al concepimento, semplicemente perché gli ormoni che governano queste funzioni sono stati comunque prodotti a questo fine durante le quattro settimane del ciclo.

Nei rapporti affettivi tra i due sessi bisogna tener sempre presente questo carattere dell’organismo femminile, per comprenderne la vera natura. Quando la mestruazione si compia in maniera fisiologica, il benessere della donna non ne subisce alcun turbamento, sempre che le sue intime implicazioni ricevano rispetto da parte del suo compagno e della società nel suo insieme.
Ma veniamo adesso alla pillola. All’inizio del mio apprendistato ferrarese ebbi la fortuna di essere affidato al professor Luigi Tagliani. Da lui appresi concetti di fondamentale importanza sugli effetti della ‘pillola’ nella regolazione del ciclo mestruale, concetti ancora oggi largamente negletti nella pratica clinica. Oltre che docente di ostetricia e ginecologia, Tagliani era, ed è, anche specialista in anatomia patologica, ed era lui stesso ad analizzare i preparati istologici dei pezzi operatori, allestiti dal tecnico Tesini nella nostra clinica.

Fui dunque da lui addestrato all’inquadramento delle pazienti affette da metrorragia, quelle cioè che soffrivano di perdite ematiche vaginali al di fuori della normale mestruazione. Orbene, nei casi di ‘iperplasia dell’endometrio’ (eccessivo ispessimento della mucosa uterina) il professor Tagliani prescriveva la ‘pillola’. Dopo circa tre mesi di terapia, un ulteriore prelievo dimostrava che l’iperplasia era scomparsa. L’inibizione della proliferazione dell’endometrio prodotta dagli estro-progestinici (pillola) è dunque benefica in questa condizione patologica frequente in età peri-menopausale.

È bene tener presente però che la stessa inibizione si verifica anche nelle donne giovani, che assumono la ‘pillola’ unicamente a scopo contraccettivo. Una tipica espressione di questa azione è infatti rappresentata dalla riduzione della quantità dei flussi mestruali, la quale appunto può tornare utile nelle donne con mestruazioni troppo abbondanti. A lungo andare però questo effetto sfocia in una vera e propria atrofia della mucosa uterina, con conseguente blocco delle mestruazioni, che può essere molto difficile ripristinare anche dopo la sospensione del farmaco.

Ciò va dunque considerato in tutte le pazienti, ma assume particolare importanza nelle adolescenti, il cui sistema endocrino ancora immaturo rischia di restarne seriamente compromesso. È questo il motivo principale, ma non l’unico, che mi trova contrario all’uso prolungato della pillola a scopo contraccettivo nelle adolescenti. Allo stesso modo, non condivido affatto la tendenza a prescrivere la ‘pillola’ continuativamente, e cioè senza quella interruzione durante la quarta settimana del ciclo che permette il verificarsi della mestruazione: criterio inopinatamente propugnato adducendo a giustificazione che il ricambio mestruale della mucosa uterina non abbia alcuna utilità, come dimostrerebbe il fatto che le donne che generano molti figli hanno poche mestruazioni nell’arco della loro vita: la mancata mestruazione che consegue alla gravidanza e all’allattamento non può avere il significato di quella indotta da uno spropositato abuso della pillola !
All’epoca della sua introduzione a scopo contraccettivo la ‘pillola’ era sconsigliata dopo i 35 anni di età. Una certa cautela da parte dei medici era giustificata dal fatto che non si conoscevano gli effetti a lungo termine di una prolungata esposizione a dosi di estro-progestinici a quel tempo circa quaranta volte superiori a quelle in uso oggi per le stesse indicazioni.

Tuttavia, già intorno al 1974 avevo conseguito sufficiente esperienza per comprendere che, per la sua benefica influenza sui disturbi del ciclo mestruale, la pillola era particolarmente adatta proprio alle pazienti di età superiore ai trentacinque anni. Fu appunto dissociandomi dalle indicazioni che giravano a quel tempo, e cioè estendendone gradualmente la prescrizione a donne in età sempre più avanzata, che ne compresi con largo anticipo le straordinarie proprietà terapeutiche che una ventina di anni dopo sfociarono nel suo impiego nella terapia sostitutiva post-menopausale’.
A questo riguardo, molto mi giovai in quegli anni delle informazioni assunte direttamente dalle mie pazienti. Ne ricordo in particolare una, venuta alla mia osservazione a seguito di un ennesimo episodio di grave emorragia, per cui le era stata consigliata l’asportazione dell’utero. Si trattava di una donna colta e sensibile, docente di lettere nei licei, alla quale avevo appunto suggerito di sperimentare la ‘pillola’ per un periodo di sei mesi, prima di ‘gettare la spugna’, cioè di ricorrere all’intervento chirurgico.

Orbene, al successivo controllo appresi non solo che i suoi cicli mestruali erano ritornati perfettamente regolari, ma anche che il suo equilibrio psico-fisico si era normalizzato: ella riusciva a dare il meglio di se nell’attività di docente, ed aveva ristabilito con i sui studenti quel rapporto che in precedenza le era precluso e che non avrebbe mai saputo immaginare tanto proficuo e creativo. Mi dicevo tuttavia che gli ormoni ovarici possono, si, ripristinare un equilibrio alterato, ma allo stesso modo somministrati al solo scopo contraccettivo, potrebbero squilibrarne uno normale.

E difatti ho avuto nel corso di oltre quaranta anni dimostrazione sia dell’efficacia di questi ormoni nel risolvere complesse sintomatologie, sia, al contrario, della loro potenzialità di crearne, quando la dose, la composizione o il tempo della loro somministrazione non erano adeguati. Questa diversità nelle risposte alla terapia ormonale dipende dalla peculiarità del sistema endocrino femminile, che rende ciascuna donna unica nel suo genere: è proprio questo per certi aspetti il bello delle donne, potremmo dire!

Durante l’età della maturità sessuale esse attraversano nell’arco delle quattro settimane del ciclo mestruale quattro vere e proprie stagioni, come dire primavera, estate, autunno e inverno: la primavera è la prima fase, nella quale cresce il nuovo endometrio; l’estate è la stagione centrale, in cui la mucosa ha raggiunto il pieno rigoglio, necessario per accogliere l’uovo fecondato; l’autunno e l’inverno rappresentano le meste fasi finali in cui, per la mancata maternità, le foglie cadono e il terreno si assopisce in attesa della nuova primavera.

L’avvicendarsi di queste fasi si riflette nel comportamento della donna, che modifica il suo umore di giorno in giorno, divenendo adorabile nella fase centrale, quella della sua piena fertilità. Molte mie pazienti mi hanno confessato (ma è bene gestire l’informazione col dovuto riserbo) che nel periodo ovulatorio il loro desiderio sessuale si accentua, a testimonianza della sua stretta dipendenza dal sistema endocrino. È come se la natura avesse vincolato la procreazione a questa forte sensazione fisica e spirituale al fine di garantire la preservazione della specie.
L’armonia psico-fisica caratteristica della fase della maturità manca nell’età che precede la pubertà ed in quella che segue la menopausa. Nella prima la produzione ormonale dei follicoli ovarici, ancora incapaci di recepire appieno gli stimoli provenienti dall’ipofisi, è insufficiente e disritmica: la donna è in questa fase come un frutto acerbo.

Nell’età post-menopausale invece la massima parte dei follicoli è ormai esaurita, ed i pochi rimasti sono divenuti sordi ai forti stimoli ipofisari. La carenza ormonale che ne consegue trasforma la donna in un frutto post-maturo.
La comprensione di questi fenomeni dovrebbe guidare nelle scelte terapeutiche, uniformandole al principio di non turbare i processi ormonali che presiedono alla fase della maturazione pre-pubere, di interferire quanto meno è possibile con quelli della piena maturità, e di preservarli mediante la ‘terapia sostitutiva’ quando le ovaie abbiano perduto la loro funzione, in modo da rallentare i fenomeni della post-maturità, e con essi l’invecchiamento.

Purtroppo, come spiego nell’articolo successivo (Considerazioni su alcuni effetti negativi della pillola), nella pratica clinica questi criteri non sono adeguatamente considerati.

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