Una frequente causa di aborto è rappresentata dalle anomalie cromosomiche del feto, che si possono verificare in ogni concepimento, anche in coppie nelle cui famiglie non era mai successo in precedenza. Ciò avviene a causa di errori nella divisione dei gameti, e cioè delle cellule sessuali destinate a formare il nuovo individuo.
Più spesso l’alterazione responsabile dell’anomalia riguarda la cellula uovo, e non perché gli spermatozoi ne siano immuni. Il motivo risiede nella peculiarità della fecondazione umana che mette a disposizione per una sola cellula uovo milioni di spermatozoi. Questi però vengono depositati in fondo alla vagina lontano dal luogo dove incontreranno l’uovo, e dunque soltanto i più sani ed efficienti riusciranno a raggiungerlo. Una volta che uno spermatozoo normale abbia fecondato una cellula uovo con alterazione cromosomica, si possono verificare le seguenti eventualità:
– che il prodotto del concepimento non si impianti affatto, e venga subito espulso con la mestruazione;
– che l’impianto avvenga, ma la gravidanza si arresti prima che il feto abbia raggiunto uno sviluppo sufficiente per la sopravvivenza (aborto);
– che nasca un feto ammalato.
Le prime due evenienze sono le più frequenti, mentre la terza può verificarsi solo in pochi casi, come la sindrome di Down le anomalie dei cromosomi sessuali, e ancor più raramente altre alterazioni più gravi.
Nella pratica ostetrica persiste l’uso di eseguire l’analisi dei cromosomi fetali dopo il terzo aborto. Questa scelta era dettata in passato dall’ignoranza. Difatti la causa principale dell’aborto, l’infiammazione, non era conosciuta, e si riteneva che la diagnosi di una eventuale alterazione cromosomica nel terzo aborto potesse giustificare anche quelli precedenti.
In realtà le cose stanno molto diversamente, e rimandare agli aborti successivi al primo, o abolire del tutto, l’analisi cromosomica sul prodotto abortivo è oggi ingiustificato ancor più che in passato. La ragione consiste nel fatto che mentre gli aborti dovuti ad alterazioni cromosomiche non possono essere evitati, per gli altri esistono invece terapie molto efficaci in grado di prevenirli. È stato inoltre dimostrato che, al contrario di quello che ingenuamente si riteneva in passato, se il primo prodotto abortivo presenta alterazioni cromosomiche, trattandosi di un evento occasionale, è molto probabile che esso non si ripeta nella gravidanza successiva. Se invece si è trattato di un aborto euploide, cioè con cromosomi normali, la causa risiedeva molto probabilmente nelle alterazioni infiammatorie, curando le quali le gravidanze successive potranno avere successo.
Purtroppo oggi molti ostetrici ancora ignorano le cause ed il meccanismo dell’aborto, e si ostinano a prescrivere terapie inefficaci, come il progesterone. Questo comportamento è assolutamente ingiustificato, come ingiustificato è quello di non offrire l’analisi cromosomica del primo prodotto abortivo, e nemmeno consentire che essa venga effettuata a spese della paziente.
Poiché, come ho detto, conoscere il corredo cromosomico del prodotto abortivo è importante per impostare la terapia nelle gravidanze successive, raccomando dunque di richiederne l’analisi al primo aborto. Inoltre, poiché non tutti i reparti di ostetricia hanno dimestichezza con questo esame, consiglio anche di raccomandare che il materiale riservato ad esso non venga posto in formalina, il liquido che fissa i tessuti per l’esame istologico, perché un tale trattamento uccide le cellule, rendendole inservibili per l’analisi genetica.