tolleranza immunitaria madre-feto

Tolleranza immunitaria madre-feto

La tolleranza immunitaria madre-feto non amuenta il rischio di infezioni.

Uno dei quesiti immunologici sui quali la mente dell’ostetrico si arrovella è quello della cosiddetta ‘tolleranza’ della madre nei confronti del prodotto del concepimento. Si teme infatti che la necessità di ‘accettare’ il feto comporti nella madre una diminuzione delle difese immunitarie, e che questo la esponga maggiormente al rischio di infezioni: ma in realtà questo preteso aumento di infezioni non si verifica. È senza dubbio vero che la componente genetica fetale di origine paterna costituisce un elemento estraneo che l’immunità materna non può riconoscere come ‘proprio’; pertanto essa dovrebbe teoricamente espellerlo, come avviene nella ben nota ‘reazione di rigetto’ di un organo trapiantato ma ‘non compatibile’. Per qual motivo dunque ciò non avviene? Il capitolo della tolleranza materna non è stato mai organicamente affrontato in medicina, ma la ricerca degli ultimi decenni fornisce importanti elementi chiarificatori di questo mistero. Per affrontare questo tema bisogna innanzitutto considerare che esistono due forme di immunità: quella umorale e quella cellulare. L’immunità umorale si realizza principalmente attraverso la cosiddetta ‘reazione antigene-anticorpo’. Essa prevede che le cellule immuno-competenti, incontrando un elemento estraneo, detto antigene, producano un anticorpo che si lega ad esso neutralizzandolo. Orbene, questo tipo di reazione immunitaria non è compromesso nella gestante al suo incontro con la componente antigenica fetale di origine paterna. Infatti essa si scatena nella incompatibilità antigenica fra il gruppo sanguigno del feto e quello della madre. In pratica accade questo: se la madre è ‘Rh negativa’ (cioè se i suoi globuli rossi non contengono l’antigene Rh), mentre invece il feto è Rh positivo (cioè ha ereditato l’antigene Rh paterno), allora le cellule immunocompetenti materne producono anticorpi ‘anti Rh’ che attraversano la placenta e distruggono i globuli rossi del feto, provocandone la morte. Il sistema antigene-anticorpo materno esercita però anche un effetto protettivo sul feto, perché ad esso giungono attraverso la placenta gli anticorpi contro i batteri e i virus che pure la attraversano. Se dunque la madre conserva inalterata la sua immunità umorale, per qual motivo non la adopera per ‘rigettare’ il prodotto del concepimento? La risposta è semplice: perché la ‘reazione di rigetto’ di un trapianto incompatibile non avviene mediante la reazione antigene- anticorpo, bensì mediante una reazione di tipo infiammatorio (e cioè attraverso l’immunità cellulare, non quella umorale). Per quanto riguarda l’immunità umorale bisogna dunque concludere che essa non è compromessa in gravidanza, e non giustifica il timore di un aumentato rischio di infezione. Difatti le gestanti, pur potendo contrarre infezioni, non si ammalano affatto in misura maggiore rispetto ad altre categorie di individui. Questa evidenza è sotto gli occhi di tutti, ed io posso confermarla in base alla mia esperienza clinica maturata nell’Arcispedale Sant’Anna di Ferrara dal 1972 al 2014. Difatti i casi di malattie infettive virali venuti alla nostra osservazione in quel periodo furono così rari da potersi definire eccezionali. Nell’arco di 42 anni ricordo un solo caso di morbillo in una gestante all’ottavo mese, che venne isolata nel reparto di malattie infettive, dove diede alla luce prematuramente un bimbo sano, indicando che il passaggio degli anticorpi materni attraverso la placenta aveva protetto anche il feto. Una ulteriore dimostrazione della sostanziale parità del rischio di infezione delle gestanti al confronto con gli altri individui sani si deduce anche dai recenti studi del professor Tognon e della professoressa Martini, dell’Università di Ferrara, al cui gruppo di ricerca sono onorato di appartenere. In una serie di lavori pubblicati su riviste internazionali, il gruppo del professor Tgnon ha dimostrato che nelle gravidanze ad esito favorevole alcuni virus si distribuiscono nei villi coriali e nei monociti del sangue materno in misura sovrapponibile a quella dei casi che esitano in aborto; allo stesso modo si comportano gli anticorpi specifici contro gli stessi virus nel sangue materno. A rigor di logica, invece, se i virus testati fossero causa d’aborto, e se l’immunità umorale fosse compromessa dalla gravidanza, la concentrazione del DNA virale dovrebbe essere maggiore, e quella degli anticorpi minore, nei casi ad esito sfavorevole. Le ricerche del gruppo del professor Tognon hanno anche dimostrato che gli stessi virus con i loro anticorpi specifici vengono trasmessi liberamente e precocemente dalla madre al feto, senza alcuna differenza fra i casi ad esito favorevole e gli aborti spontanei.
Per tutte le ragioni sopra esposte si può dunque affermare:

  • che l’immunità umorale materna non è compromessa dalla gravidanza;
  • che i virus attraversano liberamente la barriera placentare;
  • che di solito non sono causa di aborto;
  • che insieme ai virus vengono trasferiti anche gli anticorpi materni, i quali possono pertanto esercitare il loro effetto protettivo sul feto.
    Se dunque l’immunità umorale non è compromessa in gravidanza, cosa si può dire riguardo all’immunità cellulare?

Orbene, bisogna sapere che essa è perfettamente funzionante in tutto l’organismo materno, e che la sua tendenza naturale è di ostacolare nella maniera più efficace possibile l’impianto dell’embrione: Dunque, se la gravidanza fisiologica si conclude felicemente, ciò non deve essere attribuito ad una compromissione dell’immunità cellulare, ma al fatto che il feto ne annulla gli effetti a livello utero-placentare. Difatti a questo livello si verifica una vera e propria sfida fra il feto e la madre: i villi coriali del feto liberano sostanze in grado di indurre nei vasi uterini le modificazioni necessarie al proprio sviluppo, mentre la madre cerca (inconsapevolmente) di impedirlo, innescando la propria reattività cellulare di tipo infiammatorio. In pratica, in condizioni fisiologiche, i villi coriali producono localmente mediatori antinfiammatori che annullano la reazione materna. Possiamo dunque affermare con certezza che l’esito di questa lotta dipende principalmente dal feto. È vero che vi sono casi di intolleranza materna particolarmente accentuata, nei quali dunque l’aborto è più frequente: ma anche in queste pazienti, se uno dei feti fortunatamente concepito è particolarmente efficiente nella produzione di mediatori adeguati a vincere l’immunità cellulare materna, la gravidanza si conclude con successo. Per fortuna però, nella maggioranza dei casi, la reattività materna non è esaltata, bensì perfettamente fisiologica: si può dunque affermare che la causa della massima parte degli aborti risiede nella incapacità del feto stesso di produrre i mediatori giusti per il proprio sostentamento.
Da tutto quanto ho esposto sopra si deve concludere che, essendo di norma perfettamente efficienti durante la gravidanza fisiologica tanto l’immunità umorale che quella cellulare materna, non trova alcuna indicazione l’insistente e fastidiosa pretesa di sottoporre le gestanti alla cosiddetta ‘vaccinazione anti-influenzale’, né a nessun’altra vaccinazione.
Non è facile da parte della scienza medica ufficiale comprendere questi concetti, nonostante che essi si evincano dalla letteratura degli ultimi 40 anni. I lavori più rilevanti sul passaggio transplacentare dei virus e degli anticorpi, sui meccanismi dell’aborto e sulla più efficace terapia per la protezione della gravidanza sono elencati di seguito:

  • passaggio degli agenti patogeni e degli anticorpi dalla madre al feto (1, 2, 3, 4, 5, 20);
  • ruolo dell’infiammazione negli eventi fisiologici e patologici della gravidanza (9, 10, 11, 12, 17, 19, 23, 27, 28, 29, 31, 33, 35);
  • regolazione delle funzioni dei villi coriali (6);
  • sostanziale analogia fra il meccanismo patogenetico dell’aborto aneuploide e quello euploide (14, 15, 16, 26);
  • necessità di orientare la terapia delle complicanze della gravidanza verso l’uso di farmaci antinfiammatori efficaci, con particolare riguardo ad alcune classi di antibiotici, cortisonici ed integratori (7, 8, 13, 18, 21, 22, 24, 25, 30, 32, 34, 36).

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